Descrizione progetto

Castel Sant’ Angelo Roma

Castel Sant’Angelo in Hdr, fusione di 3 scatti in photoshop lavorati successivamente in photomatix Pro e lightroom.

Castel Sant’ Angelo Roma (o Mole Adrianorum o “Castellum Crescentii” nel X-XII sec.), detto anche Mausoleo di Adriano, è un monumento di Roma, situato sulla sponda destra del Tevere di fronte al pons Aelius (attuale ponte Sant’Angelo), a poca distanza dal Vaticano, nel rione di Borgo; è collegato allo Stato del Vaticano attraverso il corridoio fortificato del “passetto”. Il castello è stato radicalmente modificato più volte in epoca medievale e rinascimentale. Proprietà del MIBACT, il Museo nel dicembre 2014 è entrato a far parte del Polo Museale del Lazio.

Prigionieri di Castel Sant’Angelo Roma

All’interno di Castel Sant’Angelo numerosi sono gli ambienti destinati al carcere, ancora oggi visitabili. La cella più malfamata era quella detta Sammalò o San Marocco, sul retro del bastione di San Marco. Il condannato vi veniva calato dall’alto e a malapena aveva spazio per sistemarsi mezzo piegato, non potendo stare né in piedi, né sdraiato.[15] La cella era anticamente uno dei quattro sfiatatoi che davano aria alla sala centrale del Mausoleo di Adriano, dove si trovavano le urne imperiali, e che si affacciava sulla rampa di scale. Nel Medioevo era stato trasformato in segreta e qui era stato fatto un disegno dell’oscuro “San Marocco”, poi storpiato in “Sammalò”.[17]
Nel piano inferiore della costruzione semicircolare del Cortile del Pozzo, eretta da Alessandro VI, c’erano le celle riservate ai personaggi di riguardo.[18] Qui tra il 1538 e 1539 fu detenuto Benvenuto Cellini. Famosa la sua evasione: durante una festa in corso presso il castello, l’artista riuscì a evadere calandosi dall’alto del muro di cinta con una corda fatta con le lenzuola. Nella caduta si ruppe una gamba ma riuscì ugualmente a raggiungere la casa del cardinal Cornaro, suo amico. Catturato nuovamente, fu ricondotto a Castel Sant’Angelo e rinchiuso nelle “segrete”:[18] celle, a prova di evasione. Sono le prigioni storiche di Castel Sant’Angelo. Cellini stette in particolare in quella del “predicatore di Foiano”, che vi era stato fatto morire di fame; vi rimase un anno, poi venne graziato dal papa per intercessione di Ippolito II d’Este e del re di Francia, suo grande estimatore. La sua cella è famosa perché su una parete Cellini vi disegnò con un rudimentale carboncino, stando a quello che egli racconta nella sua Vita (I, 120), un Cristo risorto, del quale ancora oggi ai visitatori si indica qualche traccia. In realtà questi resti del carboncino non sarebbero altro che segni “prodotti da crepacci di muro non imbiancato da secoli”.[7]
Sul cosiddetto Giretto di Pio IV, a destra della Loggia di Paolo III, si trovano undici prigioni utilizzate per i prigionieri politici. Originariamente erano stanze costruite per i familiari di papa Gregorio XVI.[18]
Nell’antica loggia superiore dell’appartamento pontificio di Paolo III è la Cagliostra, così chiamata perché nel 1789 vi fu tenuto prigioniero il celebre avventuriero Giuseppe Balsamo, detto conte di Cagliostro. Era una prigione di lusso, destinata a detenuti di riguardo.[18]
Nelle celle di Castel Sant’Angelo vennero tenuti prigionieri, tra gli altri, gli umanisti Platina e Pomponio Leto, Beatrice Cenci, condannata a morte nonostante la giovanissima età e le attenuanti, e Giordano Bruno, oltre ai patrioti italiani durante il Risorgimento[19].
A differenza di Benvenuto Cellini, molti illustri prigionieri di Castel Sant’Angelo vi persero la vita. Tanti di questi furono vittime dei Borgia. Tra di essi, il cardinale Giovanni Battista Orsini; questi fu imprigionato in Castel Sant’Angelo con l’accusa di aver tentato di avvelenare papa Alessandro VI. Considerata la gravità dell’accusa, la madre e l’amante del cardinale, temendo per la sorte del loro congiunto, si presentarono al pontefice con un’offerta: una perla rara e preziosissima in cambio del cardinale. Nota era la debolezza dei Borgia per le perle (sembra che Lucrezia ne possedesse più di tremila). Il papa accettò la proposta, prese la perla e, mantenendo fede alla parola data, restituì il cardinale: morto.[20]
I processi venivano svolti nella Sala della Giustizia, le esecuzioni capitali generalmente eseguite fuori del castello, nella piazzetta al di là di Ponte Sant’Angelo, anche se numerose furono le esecuzioni sommarie all’interno del castello e nelle stesse carceri. Nella zona del cortile antistante la Cappella dei Condannati o del Crocifisso, nell’Ottocento venivano eseguite le condanne a morte mediante fucilazione. A ogni esecuzione di una condanna capitale suonava a morto la Campana della Misericordia, sulla terrazza ai piedi della statua dell’Angelo.[18]
Le prigioni costituiscono lo scenario del terzo atto della Tosca di Giacomo Puccini, ambientata a Roma nel 1800: il pittore Cavaradossi, condannato a morte, finisce nel carcere di Castel Sant’Angelo; qui nel cortile viene fucilato e la sua amante, Tosca, per la disperazione, si uccide buttandosi dagli spalti del castello.

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